Dall'affitto con riscatto alla nuda proprietà: la crisi spinge forme d'acquisto alternative

18 Novembre 2013 | da Il Sole 24 ORE
Dall'affitto con riscatto alla nuda proprietà: la crisi spinge forme d'acquisto alternative

Prendere una casa in affitto e avere la possibilità di acquistarla dopo qualche anno a condizioni prestabilite, recuperando (in parte o in toto) i canoni versati. L'affitto con riscatto – o «rent to buy», nelle diverse formulazioni che vengono analizzate all'interno della Guida di Casa24 Plus – resta un fenomeno di nicchia e difficilmente quantificabile ma, a detta degli operatori, sempre più in espansione.

 

Il motivo del suo successo è legato alla crisi del mercato immobiliare e va ricercato in due condizioni di fondo: la difficoltà per molte famiglie ad accedere a un mutuo (e quindi a un acquisto "tradizionale") e il consistente stock di invenduto (sono soprattutto i costruttori a usare questo strumento per "muovere" gli immobili).

 

Secondo un'elaborazione realizzata Immobiliare.it per Casa24 Plus, l'offerta di affitto con riscatto è cresciuta soprattutto nelle grandi città, con una forbice che va (nei primi dieci mesi di quest'anno rispetto allo stesso periodo del 2012) dal 13% di Napoli al 25% di Milano, e un'incidenza sugli annunci del nuovo che oscilla tra il 4 e il 6%. Anche la domanda è cresciuta molto: di oltre il 40% secondo il portale di annunci, che registra anche come i canoni praticati siano in linea con le richieste di mercato per la locazione ordinaria. Ma non c'è solo il rent to buy. Si diffondono alcune modalità di pagamenti a rate e, soprattutto dal lato dell'offerta, cresce la nuda proprietà (anche qui, almeno in parte, grazie a nuove formule). Anche le vendite all'asta sembrano conquistare fette di pubblico che prima non si avvicinavano a questo mondo. Il tratto comune è la ricerca di alternative che permettano di accedere a un mercato immobiliare ancora bloccato. Con i segnali positivi degli ultimi mesi ancora tutti da verificare.

 

L'ultimo dato Istat sui prezzi registra nel secondo trimestre 2013 quotazioni in discesa di quasi il 6% su base annua, con un trend negativo che dura da cinque anni e che ha visto le quotazioni diminuire in termini reali del 20-25 per cento. Un calo che non è stato ancora sufficiente a far riprendere gli scambi: secondo l'agenzia delle Entrate, sempre nel secondo trimestre, le compravendite sono diminuite del 9,3 per cento. Con un trend in frenata rispetto ai periodi precedenti, ma che comunque si va sommare al crollo del 25% del 2012.

 

Qualche spiraglio arriva dal sentiment degli operatori: il sondaggio congiunturale della Banca d'Italia vede in netta diminuzione il saldo negativo tra pessimisti e ottimisti. «Le agenzie immobiliari – nota Paolo Righi, presidente Fiaip – sono le prime a sentire il vento che cambia, ma dopo i segnali positivi di settembre, ora i dubbi legati alla legge di stabilità stanno portando nuova cautela tra i potenziali acquirenti: servono invece certezze».

 

Le cause dello stallo? La crisi che frena la possibilità di spesa delle famiglie; il calo dei prezzi che scoraggia chi ha sempre visto nella casa un investimento sicuro anche nel medio periodo; l'inasprimento fiscale che certo non aiuta. Ma il principale indiziato è la difficoltà di accesso ai mutui che – in attesa dell'effetto dei provvedimenti governativi (soprattutto i due miliardi messi a disposizione da Cdp) e nonostante una domanda in leggera ripresa – restano al palo. Secondo i dati elaborati dall'Ance per l'Homeday di martedì scorso, dal 2007 al 2012 si è registrato un crollo di oltre il 60% delle erogazioni, da 62,7 miliardi a 24,7 miliardi; e nei primi sei mesi del 2013 c'è stata una ulteriore flessione del 18 per cento. Considerando una quota di risparmio annuo di circa il 30% del reddito, secondo l'Ance, nel 2007 servivano tre anni per mettere da parte i soldi per la "quota contante" necessaria per comprare casa; nel 2013, invece, ce ne vogliono circa otto. Questo anche perché si è ridotta sensibilmente la quota di mutuo concesso rispetto al prezzo della casa («loan to value»).

 

Ecco che si capisce perché l'interesse per l'affitto con riscatto non è una moda del momento: il rent to buy permette infatti al potenziale acquirente di accumulare, attraverso il versamento di un canone mensile, il capitale iniziale che poi gli permetterà di accedere a un mutuo. Non in tutti i casi, sia chiaro, ma per una quota di famiglie può essere almeno una forma di "accompagnamento". «L'affitto con riscatto è sempre più praticato dai costruttori – conferma Righi – anche se si tratta di piccoli numeri, c'è chi entra in agenzia chiedendo informazioni al riguardo. La nostra associazione, insieme ad altri come Confedilizia e Notariato, ha cercato di analizzare e supportare queste formule.

 

Quello che emerge è la necessità di collegamento tra vari negozi giuridici, per capirne a fondo le implicazioni: ci sono i vantaggi, ma non mancano i rischi». Tra le proposte del Consiglio nazionale del Notariato c'è l'introduzione di un credito d'imposta sui canoni versati prima della vendita (in modo da evitare una doppia imposizione per la parte di canone che va a comporre il prezzo d'acquisto finale). La necessità di un inquadramento più chiaro della materia è sottolineato anche da Alberto Girino, responsabile commerciale Ducale, società di sviluppo immobiliare del gruppo Tecnocasa, tra le prime a condurre a rogito casi di affitto con riscatto e con attualmente una settantina di immobili piazzati con questo strumento (per un controvalore di 12 milioni). «Abbiamo notato – commenta – che è peggiorata la qualità della situazione finanziaria dei clienti che si rivolgono a noi. L'esistenza di troppe formule crea confusione: noi non proponiamo soluzioni d'affitto, condizione che deve rimanere temporanea in vista dell'acquisto». Non si può insomma pensare che i cosiddetti acquisti alternativi siano una panacea per il mercato: sono strumenti da maneggiare con cautela, ma di cui non sottovalutare le potenzialità.

 

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